Che l’esposizione continua a un certo tipo d’immagini dia assuefazione l’hai sperimentato tu stessa, prima ancora che con la pornografia, con le foto che ricevi pressoché quotidianamente dai tuoi affezionati ammiratori. Da tempo la visione di un cazzo sullo schermo del cellulare ha su di te lo stesso effetto soporifero di quei video di YouTube di uomini che scavano piscine nella giungla. E non basta a risvegliare il tuo interesse nemmeno la più recente variazione sul tema: forse annoiati dalla visione del loro stesso pene, alcuni pionieri hanno iniziato ad inviarti reportage del loro sperma.

Qualche sera fa, prima di uscire, hai postato su Instagram una foto di te con indosso un paio di calze a rete. Poi, mentre eri fuori, hai controllato pigramente le reazioni di quel parterre de rois che è la tua fan base, e oltre ai grandi classici (fiamme e battimani) hai trovato, tra i messaggi ricevuti, la foto di un lavandino ripreso dall’alto in cui s’intravedeva, in prossimità dello scarico, una triste chiazza lattescente. Senza battere ciglio hai riposto il telefono e ti sei immersa nuovamente nella conversazione con i tuoi amici. Soltanto oggi, ripensandoci, ti accorgi di come ricevere la foto di uno schizzo di sperma nel lavandino di uno sconosciuto non abbia suscitato in te la benché minima reazione. Per dire, ti fa più effetto lo sputo con tracce di sangue della pubblicità del Parodontax.

D’altra parte negli ultimi mesi sei stata omaggiata da una tale quantità e qualità di contributi foto-audio-video che quel lavandino e il suo proprietario non possono che muoverti una certa tenerezza. Lungi da te lamentarti di essere diventata la destinataria di questa moderna posta del cuore: sei perfettamente consapevole che i tuoi post in biancheria intima e calze a rete ti attirino un certo tipo di corrispondenza. Finché pubblicavi copertine di libri, nessuno si sognava di rispondere con foto del cazzo o di chiazze di sperma. E, poiché le foto del cazzo o di chiazze di sperma non sono, né dal punto di vista giuridico né etico, equiparabili a uno stupro, non hanno mai suscitato la tua indignazione. All’inizio era più che altro divertimento misto a stupore. Tiepida gratitudine, al limite. Soprattutto se il cazzo in questione veniva ripreso durante una sessione di autoerotismo.

La sega rimane infatti il complimento più sincero. E con la sovrabbondanza di offerta tra siti porno e Instagram, il fatto che qualcuno si masturbi pensando a te è un attestato di stima che non ha paragoni. Per questo ringrazi sempre educatamente quel laureato in diritto internazionale che ogni giorno da mesi ti manda brevi video delle sue eiaculazioni, avendo anche la delicatezza di allargare l’inquadratura sul più bello in modo tale che tu possa vedere bene, sullo sfondo, la tua foto che campeggia sullo schermo del suo computer. Tra te e te gli auguri ogni bene e soprattutto che utilizzi dispositivi dotati di tecnologia IP 67.

Si tratta di una nouvelle vague (è proprio il caso di dirlo) di fotografi e cineasti che sembrano nutrire un ingiustificato orgoglio per il loro sperma, e lo ritraggono con l’entusiasmo di un principiante alla scuola di cucina che voglia immortalare la sua prima Pavlova. Il punto è che un’eiaculazione richiede molto meno impegno non dico di una Pavlova, ma anche solo di una banalissima maionese. Quindi ti sfugge la ragione di tanto compiacimento, che ti ricorda quello dei bambini di tre anni che rimirano lo stronzo appena depositato sul fondo del vasino come se fosse l’interno della valigetta di Marsellus Wallace in Pulp fiction. Fatto sta che i maschi, novelli Pollock orgogliosissimi della loro produzione, la fotografano nei luoghi più diversi: il lavandino, il water, il pavimento, il proprio ombelico. Mille cartoline in serie, sfondi diversi, un unico soggetto, come lo gnomo da giardino de Il favoloso mondo di Amélie.

Sospetti che anche questo abbia a che fare con l’influenza della pornografia. Nei porno infatti c’è un indugiare anomalo dell’inquadratura sull’eiaculazione, sullo sperma e sulla superficie o cavità che lo accoglie, come se proprio la parte più prevedibile del film fosse il momento clou della trama.

Questo curioso fenomeno non riguarda tutti, naturalmente. Molti tuoi amici ti hanno confessato di provare sentimenti contrastanti per il proprio sperma e per il momento immediatamente successivo all’eiaculazione. Non hanno problemi a masturbarsi guardando porno, anzi, ormai lo preferiscono. Ma un istante dopo essere venuti, sono travolti da un disagio tale che vorrebbero chiudere il cazzo in un cassetto, lanciare il computer dalla finestra e scappare il più lontano possibile. Potrebbe essere una forma di retaggio culturale figlio della religione cattolica che tutti, bene o male, hanno assorbito, come una specie di cacciata dal Giardino dell’Eden che si ripete dopo ogni sega. O forse si turbano all’idea di una strage d’innocenti. E allora perché invece l’ingoio sembra non porre loro lo stesso dilemma etico? Per uno spermatozoo è forse più onorevole morire disciolto dai succhi gastrici che nel cestello della lavatrice? O è la vista dello sperma che li sconvolge? E perché per alcuni guardare il proprio sperma non dovrebbe essere accettabile, mentre contemplare con evidente soddisfazione le caccole estratte al semaforo invece sì?

(continua)