Quanto dura un minuto? Qualcuno potrebbe rispondere che dipende da che lato della porta del bagno ti trovi. Un ansioso risponderà che dipende dalla natura specifica dell’angoscia che lo attanaglia. Se sei dove non vorresti essere, con qualcuno con cui non ti senti a tuo agio, in una situazione da cui vorresti fuggire, quel minuto sembrerà interminabile. Se invece devi prepararti per un appuntamento, scivolerà via tre volte più velocemente del normale. Soprattutto perché un ansioso arriva sempre in anticipo di almeno mezz’ora (abitudine che non fa che accrescere l’agitazione), dunque al tempo a disposizione per la preparazione bisognerà sottrarre d’ufficio trenta minuti. Facciamo quaranta, per sicurezza. Perciò, stando ai tuoi calcoli, ti rimane un’ora e venti. Meno altri trenta minuti per raggiungere il luogo dell’appuntamento. Facciamo quaranta, per sicurezza. In pratica non sarai mai pronta in tempo.

Ti spogli alla velocità della luce seminando i vestiti lungo il percorso dalla camera da letto al bagno, ma mentre ti sfili le mutante ti viene in mente che, se l’appuntamento andasse particolarmente bene, potresti chiedere a Giulio di salire. Come Pollicino torni quindi sui tuoi passi e raccogli il maglione, la camicia, i pantaloni, i calzini e lanci tutto nel cesto della roba sporca. Nuda come un verme ti guardi attorno: l’appartamento è in uno stato pietoso, e non hai certo tempo, ora, di riordinare e pulire. Se Giulio dovesse salire, fingerai che siano entrati i ladri. Che, oltre a mettere a soqquadro la casa, a quanto pare hanno anche cucinato, abbandonando piatti e pentole sporchi nel lavello, hanno dormito nel tuo letto lasciandolo disfatto, hanno riversato il contenuto dei tuoi armadi sul pavimento e hanno usato i tuoi attrezzi da palestra senza riporli nella sacca. Un incrocio tra di Riccioli d’oro e i tre orsi e una perquisizione della Digos. Dovrai essere molto convincente.

Ottimismo e amore per la perfezione sono due qualità, se prese separatamente. Ma miscelate insieme danno risultati nefasti, come la convinzione di riuscire a portare a termine un rituale di rémise en forme per il quale non basterebbe un week end in una SPA in appena tre quarti d’ora. Il programma, vestizione esclusa, prevede: scrub su tutto il corpo, shampoo, balsamo e maschera ai capelli, depilazione, crema idratante, filo interdentale, netta-lingua, lavaggio dei denti e sciacqui con il collutorio, maschera al viso, manicure e pedicure, asciugatura dei capelli e piega, applicazione delle lenti a contatto e trucco. Probabilmente avresti dovuto iniziare questa mattina subito dopo la colazione, ma eri troppo impegnata a maledire te stessa per avere accettato l’invito di Giulio.

Esamini il tuo riflesso nello specchio. Non puoi soprassedere alla depilazione, mentre valuti che potresti evitare di lavarti i capelli. Sono puliti e abbastanza in ordine, e questo ti farà risparmiare almeno venti minuti tra lavaggio e asciugatura. Una volta sotto la doccia, abbandoni anche il proposito dello scrub: depilarti subito dopo ti causerebbe una tremenda irritazione. Solo allora ti rendi conto di non avere preso con te il rasoio, quindi rabbrividendo esci dal box allagando il bagno, lo recuperi e torni sotto la doccia per completare l’opera. Meno male che non hai dovuto lavare i capelli, o davvero non saresti mai stata pronta in tempo.

Mentre ti tamponi con l’accappatoio, frughi nei cassetti alla ricerca della crema idratante, improvvisamente introvabile. Ripieghi su un olio per il corpo che promette di regalarti la pelle di una pesca appena colta e invece ti trasforma in una sarda fritta. Nell’attesa che l’olio si assorba ti lavi i denti, senza rinunciare al filo interdentale: avere saltato il passaggio dello scrub e dello shampoo ti ha fatto risparmiare un sacco di tempo, pensi. Mentre rovisti tra molare e premolare, illuminati dalle impietose lampade sopra il lavandino i tuoi capelli si rivelano per la massa informe e vagamente unta che ora sono. Fino a un istante prima erano perfetti, e adesso che è troppo tardi per lavarli eccoli sporchi e impresentabili. Sarebbe fin troppo facile attribuire la colpa al vapore della doccia: preferisci assecondare le tue manie di persecuzione e le tue scaramanzie e spiegare il curioso fenomeno con la decisione imprudente di non lavarli.

Non c’è tempo! sbraita il Biaconiglio sull’orlo di una crisi di nervi che scorrazza nella tua scatola cranica. Ricorri quindi all’antico rimedio che ti ha fatta scampare alla doccia in spogliatoio per dieci anni di danza classica: il borotalco. Spargi una nevicata di polvere bianca sulla testa e spazzoli. Ora sembri Glenn Close ne Le relazioni pericolose. Tuffarti di nuovo sotto la doccia proprio ora che l’olio sta iniziando ad asciugarsi è fuori discussione, quindi afferri alla cieca shampoo e balsamo e ficchi la testa nel lavandino, completando l’opera di allagamento del bagno. Rimuovere l’impacco di talco richiede particolare meticolosità, e i minuti scivolano via assieme alle tue accorate imprecazioni mentre calcoli quanto avresti risparmiato se ti fossi lavata testa e corpo in un’unica sessione.

Nonostante la doccia, ti fai un ulteriore bidet a parte, e indossi un paio di virginali mutande di cotone bianco mentre prosegui con i preparativi: le sostituirai con un identico paio, ma in nero, un minuto prima di uscire, nascondendone un terzo paio di riserva nel cassetto del bagno, nel caso tu necessiti di un cambio di biancheria al volo mentre Giulio ti aspetta trepidante in camera da letto. Sempre a parte, ti lavi di nuovo anche le ascelle: tutto quel trafficare attorno ai capelli ti ha distrutta.

Stando alla tabella di marcia, tra venti minuti al massimo dovresti uscire, ma purtroppo le tue cornee hanno deciso proprio stasera di ribellarsi alle lenti a contatto, e finché non riesci a indossare le lenti non potrai truccarti. Una volta hai provato a invertire l’ordine, e hai rischiato di finire al pronto soccorso oculistico con briciole di ombretto e mascara incuneate sotto le palpebre. Tocci ancora e ancora le lenti nel loro liquido prima di ogni nuovo tentativo, ma quelle non vogliono saperne di collaborare. Quando finalmente riesci a conficcartele negli occhi, sembri Caronte sotto l’effetto della cannabis e probabilmente hai un principio di congiuntivite batterica. Con il tremore alle mani e una cecità parziale, applicare l’eyeliner va molto oltre le tue reali possibilità, e infatti il risultato è Sean Penn in This must be the place. Nel tentativo di rimediare armata di struccante e cotton-fioc, rovesci la bottiglia dell’olio che per la fretta avevi lasciato aperta. L’olio cola all’interno del primo cassetto, aperto anche quello per la stessa ragione.

Prima di uscire, getti un ultimo sguardo all’appartamento vandalizzato e al bagno ridotto a un cimitero di asciugamani imbevuti di acqua e olio abbandonati sul pavimento, barattoli e tubetti senza il tappo, cassetti aperti e specchi appannati, e capisci che in quelle condizioni è escluso che tu possa invitare Giulio a salire: in un modo o nell’altro, quell’esplosione atomica salverà la tua virtù. E allora, pensi, a saperlo avresti potuto evitare di depilarti.