Stai sfogliando profili su Tinder quando ti imbatti in schiavo.compiti2. Il suo account ha solo una foto: l’immagine, scaricata da internet, di un collare completo di guinzaglio. Queste dinamiche non ti interessano più di tanto, se non fosse che qualche tempo fa sei venuta a conoscenza di una nuova figura professionale: i money slave. Si tratta di soggetti che traggono piacere nel farsi prosciugare il conto in banca da una donna, senza nemmeno farci sesso: qualcosa di molto simile al matrimonio, stando ai racconti dei tuoi amici. La Findom (ovvero Financial domination) è la versione moderna della sottomissione masochistica. A quanto pare, è più facile che al costo della vita si adeguino le perversioni che non i salari.
Scattato il match, schiavo.compiti2 ti chiede se vuoi essere la sua padrona. Pur di ricevere denaro, saresti disposta a fare qualunque cosa, a parte lavorare. Decidi allora di tastare il terreno con schiavo.compiti2: la considererai una specie di preparazione presciistica prima di cimentarti nel Supergigante.

Vorresti assegnargli subito un compito per fargli capire chi comanda. Il punto è che non sai cosa ordinargli di fare. Mentre prendi tempo, immagini scenari catastrofici. Tu gli comandi, ad esempio, di forarsi il prepuzio con una spilla da balia. Lui esegue e ti manda la foto. In ventiquattr’ore muore di tetano. Gli inquirenti, insospettiti, esaminano il suo cellulare, leggono le sue ultime chat, trovano quella con te e ti arrestano per omicidio colposo. La storia finisce con un processo, anni e anni di galera e una vita rovinata, per non parlare della colossale figura di merda.

Meglio stare tra il basico e il goliardico. Gli dici di disegnarsi un pene sul palmo della mano e di non lavarlo via per tutto il giorno. Qualsiasi cosa dovrà fare, la farà con un organo sessuale maschile stilizzato sulla mano. Quel povero disgraziato esegue, e ti manda la relativa documentazione fotografica. Ha disegnato persino i peli sulle palle, e questa cura dei dettagli ti intenerisce.

Mentre stai riflettendo attentamente sulla prossima prova a cui sottoporlo, schiavo.compiti2 ti invia un’altra fotografia. È piuttosto buia e sfocata e all’inizio non riesci a capire cosa tu stia guardando. Distingui delle stecche metalliche: si tratta di una gabbia, chiusa da un vistoso lucchetto. Al suo interno s’intravede un grumo violaceo e bitorzoluto, dalla forma oblunga, compresso e leggermente ripiegato su sé stesso. Ebbene sì: sai fissando un pene imprigionato in una gabbia in miniatura. Sarà il colorito cianotico, sarà la pelle che straborda tra una sbarra e l’altra, ma quel cazzo ha l’aria di soffrire moltissimo: ti sembra di guardare un fotogramma di documentario sugli allevamenti intensivi. Di nuovo nella tua mente si dipingono scenari orripilanti: il tuo cellulare viene hackerato, la tua galleria di foto finisce online e tutti vedono quello che custodisci. Tua madre lo scopre e muore d’infarto. Gli inquirenti, insospettiti, esaminano il suo tablet, trovano le foto della tua galleria, e ti arrestano per omicidio colposo. La storia finisce con un processo, anni e anni di galera e una vita rovinata, per non parlare della figura di merda.

Ma il punto ora è: cos’altro potresti chiedere a uno che di sua spontanea volontà si strizza il cazzo in una gabbietta come Kim Kardashian nell’abito di Marylin Monroe sul red carpet dell’ultimo Met Gala? Ripensi alla tua richiesta di disegnarsi un cazzo sulla mano e arrossisci per quanto ora ti sembra puerile. Che risate deve essersi fatto schiavo.compiti2 quando ha letto il tuo messaggio! E che colossale figura di merda sei comunque riuscita a fare tu.

Ti domandi poi se, come per la Barbie, esista un intero set di accessori per infliggere al pene altre torture medievali. Che so, una piccola gogna, un micro-patibolo da impiccagione, o magari una ghigliottina mignon. Dopo avere visualizzato in ogni  dettaglio la ghigliottina mignon, sai che non guarderai più con gli stessi occhi il tagliasigari di tuo padre.